mercoledì 27 febbraio 2013

DA BALETA "AM'A' RCORD"... NOSTALGIA E NECESSITA' DI TROVARE IL GUSTO DI QUEI TEMPI


IL BAR BALETA




Sarà  l'età o forse il freddo di questa sera, ma l'amarcord mi sale fino al cuore e mi disturba , non
poco...... 
Esisteva in Vicolo dell'erba, appena dietro Piazzetta della Lega, luogo magico e scontato di
 incontro e di chiacchera inutile, 
un'isola felice, 
riservata agli uomini, unica vera roccaforte del
maschilismo innocuo , quello inoffensivo, che si accontenta di poco e si nutre di "luoghi riservati
a ..."
Esisteva , appunto il Bar Baleta.........
"La raccolta  di episodi e ricordi “baletiani” scritti da Elio Gatti, professionista conosciutissimo e nostalgico frequentatore dell’ormai scomparso Bar Baleta si fa memoria dei ricordi di migliaia di ragazzi della generazione di mitici anni '50.
 Sono più o meno lontani gli anni della giovinezza di chi ha bazzicato, per caso o per abitudine, lo storico locale, ma la memoria di quell'ambiente e delle persone che lo popolavano non si è mai affievolita, mantenendo magicamente spontaneità e freschezza.
 Atmosfere e immagini “in bianco e nero” scorrono veloci e divertenti negli occhi di chi legge, ma c’è molto più dello scaturire di un sorriso o di una risata.
C’è tutta una vita che ancora palpita, gli anni della crescita, della formazione di un’identità non solo personale ma cittadina, quella che, con tutte le sue caratteristiche positive e negative, luci ed ombre, permette agli individui nati in un certo luogo di riconoscersi, pur se la vita, magari, può averli portati lontano.
In quest’epoca di “globalizzazione” selvaggia, certo, non è poca cosa. E non sono poi moltissimi coloro che, ancora, possono dire, come l’ultimo gestore del bar, di essersi nutriti a quella “scuola di vita”, quelli che, come Elio Gatti, possono affermare di essere orgogliosi di appartenere a quella “élite”.
Corredato da immagini d’epoca e da alcuni “flash” di Gino Gemme, questo “libercolo”, i cui proventi andranno interamente in beneficenza, è dedicato agli amici, soprattutto a quelli che non ci sono più.




"Baleta era un posto.

Anzi, era il posto.
Ricordate Cheers e la canzone Where everybody knows your name?
Da Baleta tutti conoscevano il tuo nome, però ci aggiungevano sempre “coglione!”Parafrasando Louis Armstrong quando parlava del jazz se uno deve chiedere “cos’era Baleta”,non lo capirà mai.

Aperto nel ’29, una sorta di sberleffo alla Grande Crisi, chiuso nel ’91.
Passato di padre in figlio, come un reame.
Era un piccolo bar con una grande sala dedicata al gioco delle carte, una saletta flipper ed un’ampia sala dalle basse volte a padiglione, con pilastri in granito e piccole finestre ad arco che davano su un vicolo, che ricordava più una catacomba pagana che una sala con cinque bigliardi.
I flipper erano le colonne d’Ercole per i nuovi arrivati, che col tempo acquisivano il diritto di passare ai bigliardi.

L’aristocrazia stava nel bar ed in sala carte.
Non esisteva un telefono, tranne quello a gettoni che non poteva ricevere
e le donne, garbatamente, non erano ammesse; ed a quei tempi non esistevano i cellulari.
In più c’erano due ingressi in due vie diverse: una sorta di porto franco, una Tortuga in pieno centro.

Lì nascevano cacce al tesoro, tornei di tennis e di calcio, nonchè la recita del 25 dicembre che, al teatro comunale di Alessandria, scatenava fenomeni di bagarinaggio che neanche la finale del Mundial…
Lì è nata e morta l’Alessandrinità, un misto di umorismo, pigrizia, cattiveria e disincanto.

L’ultimo proprietario, Gino, era soprannominato, ingiustamente, “l’Ebreo” perchè, come dire… non aveva le mani bucate, ecco, ma era -e, per fortuna, è-persona di altissima statura morale, grande cultura e raro senso dell’umorismo.
E’ ovvio che, quando uno ha a che fare con centinaia di clienti al giorno per cinquantanni, debba stare un po’ attento ai conti.
Personalmente ho un ricordo che, per i suoi detrattori, è un po’ ai confini della realtà: Baleta era chiuso da un anno, quando trovo Gino in un negozio mentre sto mettendo giù la mia lista di nozze.
“Oh Gallia, se ‘t fai?”
“La lista di nozze, Gino: stavolta mi tocca…”, rispondo con in mano un macinacaffè a tramoggia semi-professionale.
“E allora il caffè te lo offro io…” e, sotto i miei occhi, paga il pezzo che avevo in mano, mi fa tanti auguri e se ne va.
Alla faccia dell’Ebreo: grazie, Gino; ma non per il regalo: grazie di esistere.

Ehm… Dottordivago, si parlava del gas russo…
…e di quelli che si offendono quando…
Ah, sì, adesso ci arrivo.

Gino aveva la capacità ultraterrena di resuscitare ritagli di focaccia e fette di pan carrè che avevano visto giorni migliori e di trasformarli in toast deliziosi, nonchè la faccia di servire “tre ciliegie” sotto spirito al prezzo di tre belon ; forse è per questi motivi che in alcune biografie non autorizzate si è guadagnato l’appellativo semitico.

Ma soprattutto perchè Gino aveva il Libro Nero.

Quella specie di Neconomicon era un quaderno in cui l’importo dei crediti poteva tranquillamente risanare il bilancio di alcuni stati.
Alcuni facevano segnare per comodità, altri per cronica mancanza fondi; quindi “alcuni” provvedevano periodicamente a spianare il gobbo, mentre agli “altri” bisognava sollecitare più volte la cosa.
Beh, raramente nella mia vita ho visto persone offendersi così: cominciavano col controllare minuziosamente ogni voce, una consumazione sì ed una no dicevano “questa doveva offrirmela il tale”, poi disconoscevano la paternità di una focaccina e “tre ciliegie” e finivano in un crescendo rossiniano di “Ebreo di merda!…”, “Non mi vedi più!…” e porte che sbattevano.
Salvo tornare dopo qualche giorno di noia mortale, nel vicolo, a fare due parole con chi entrava ed usciva, prendere Gino da una parte e dargli qualcosa per “…cominciare a scalare”.
Ma si dichiaravano ancora offesissimi.

Una volta un cliente, anonimo perchè già tornato, si è trasferito in Polinesia, niente meno, lasciando un conto chilometrico; alla domanda “…ma dov’è che è andato Tizio?”, Gino rispondeva signorilmente “Sicuro non a Pago Pago…”, e mai una parola maligna o rancorosa.

Il più offeso del mondo è stato l’Uomo Pera.
Conseguito il diploma di scuola media inferiore presso un istituto privato, ha tirato i remi in arca e dall’età di 15 anni non ha più strappato una paglia.
Il padre ci ha messo qualche anno per capire l’indole del figlio, ma realizzata la cosa ha chiuso i rubinetti, come Putin, e l’Uomo Pera si è ucrainizzato a morte.
A ventanni riusciva a camolare qualche mille lire a mamma e nonni, ma spesso girava con cento lire in tasca, più spesso neanche quelle.
E quindi faceva segnare da Baleta.
Quando la misura era colma, Gino insisteva un po’ di volte -e l’Uomo Pera si offendeva- poi telefonava al padre che, tra un “…non gli dia più niente!” e una serie di madonne, spianava il gobbo."


Il Bar Baleta vive in tutti noi, perchè si nutre dei ricordi dei nostri padri , fratelli, zii che lì sono cresciuti, hanno condiviso  la noia e i tempi morti  della gioventù o hanno stretto amicizie fraterne...
....Forse si potrebbe ritentare...
....Forse c'è bisogno di un nuovo Bar Baleta IN Alessandria.....

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